Mi capita spesso di pensare alla noncuranza con cui conviviamo con lo sfruttamento degli animali, e di come esso appaia ai più ineluttabile, una di quelle cose che sono sempre state così, e dunque semplicemente normali.
Nella nostra società è normale trovare nei negozi di alimentari pezzi di corpi animali, confezionati nelle classiche vaschette bianche chiuse dal cellophane. Dalle fettine agli spiedini, ai corpi spellati e privati della testa di quelli che fino a poco tempo prima erano dei conigli, alle cosce di pollo, fino addirittura al fegato o al cervello magari di un vitellino. E poi naturalmente tutti i salumi, che non fanno impressione neanche un po’, eccetto probabilmente la lingua, e che quindi si mangiano con ancor più noncuranza del resto della carne. E poi il banco del pesce, con tutti quei piccoli occhi tondi ormai ciechi, o i sacchetti di rete con le cozze ancora vive, nascoste nel loro guscio nero.
Fin da bambini, quando la mamma ci portava al supermercato, abbiamo imparato la noncuranza dalla noncuranza degli adulti intorno a noi.