Praticamente tutte le catene di grandi magazzini, tedesche o di altri paesi europei, avevano sottoscritto un impegno con Peta Deutschland a non commercializzare pellicce sotto nessuna forma. L’inverno 2013 la lobby dei pellicciai è riuscita a riaprire una porta che sembrava chiusa per sempre. La lotta allo spreco di risorse è diventata un lasciapassare per la reintroduzione delle pellicce nei capi d’abbigliamento. Così si è scoperto che il nemico numero 1 in Germania ha volto e nome: orsetto lavatore. I media mostrano foto che ritraggono come questi mostri unghiuti e dotati di dentatura formidabile abbandonino progressivamente i boschi teutonici (dove peraltro sono stati immessi importandoli dall’America) e si avvicinino sempre più pericolosamente ai centri abitati, divorando la frutta caduta dagli alberi nei parchi e giardini cittadini e rovistando nella spazzatura.
Questa brutta abitudine, comune a varie altre specie rimaste prive di habitat, come la volpe e la martora, ha scatenato la caccia sfrenata a questi animali. Per non sprecare nulla, ecco riapparire sui colli dell’abbigliamento invernale, ma anche sulle borsette, sui pon-pon dei berretti, portachiavi e altre amenità, le pellicce dei disgraziati animali. Peccato che test sul DNA eseguiti da Peta abbiano portato alla luce che spesso questi inserti siano di cane e gatto, che in varie parti del mondo si continua a scuoiare vivi per ottimizzare la produzione. Vari gruppi animalisti di Kassel hanno aderito all’appello di una giovane studentessa vegana, Anna Blume, e così sabato 2 febbraio il centro della città ha assistito alla prima manifestazione “Kassel Pelzfrei” (Kassel senza pellicce). Il Gruppo vegan di Kassel, Sea Sheperd e l’associazione per i diritti animali ARIWA, per sei ore hanno fatto opera di sensibilizzazione con banchetti informativi, flyer e foto, assaggi di gastronomia vegan e un documentario che mostrava gli orrori degli allevamenti intensivi. Alle 13 è partito un corteo che in ca. due ore ha percorso la città, facendo tappa davanti ai negozi che vendono pellicce e pellami, senza dimenticare McDonald e Nordsee (una catena di fast food di pesce). Davanti a ciascun negozio un dimostrante a turno ha letto un appello per informare i cittadini sullo scopo della manifestazione. Due performance teatrali hanno mostrato la situazione dei visoni d’allevamento, la loro prigionia e la loro morte crudele.
Nonostante qualche piccolo intoppo organizzativo il bilancio della nostra prima manifestazione antipellicce è stato positivo. Molte le persone con cui siamo venuti in contatto, molti hanno assaggiato le specialità vegane, piacevolmente sorpresi dal loro gusto.
Altre manifestazioni sono già in via di programmazione in aprile durante la settimana anticarne e in occasione del „Tag der Erde“ (Giorno della Terra).
Daniela