Come vivono nella realtà…
Il già citato (vedi note precedenti) autore di “Nell’occhio di un maiale”, Karl Schwenke, spiega nel suo libro che quando i maiali non possono vivere in maniera naturale e sono costretti in allevamento “il loro mondo si riduceva all’istante al proprio vicino, al cibo e al porcile, e, man mano che crescevano, diveniva sempre più piccolo. Il tedio della loro esistenza presto diveniva evidente: erano letargici, presentavano orecchie lacere, code cadenti, e assumevano presto quello sguardo spento che i guardiani di porci associano ai maiali da riproduzione di sei o sette anni d’età”.
Ma la realtà di oggi è ancora peggiore di questa: la quasi totalità degli allevamenti di maiali è di tipo intensivo, e gli animali vengono tenuti in grossi capannoni, ingrassati fino all’immobilità, impossibilitati a esplorare e scavare nel terreno come in natura sono abituati a fare, il loro innato senso della pulizia frustrato perché obbligati a urinare e defecare nello spazio dove dormono.
Gli animali sfruttati in questo modo manifestano gravi patologie organiche e psicologiche, che li rendono spesso o letargici e apatici o aggressivi, e finiscono per aggredirsi divorandosi la coda o le orecchie l’un l’altro.
Per “risolvere” il problema, pratica comune negli allevamenti è menomare gli animali: vengono loro tagliati i denti e la coda e strappati i testicoli (il tutto senza anestesia) e si tenta di arginarne l’aggressività mettendo dei “giocattoli” all’interno dei box, come vecchi copertoni, sui quali gli animali si possono sfogare. Così, anziché rimuovere la causa di stress si “cura” solo il sintomo, l’aggressività.
Le scrofe non se la passano meglio: dopo la fecondazione artificiale vengono trasferite in piccole gabbie di ferro che le fasciano totalmente, impedendo loro ogni movimento, compreso quello del semplice girarsi su se stesse. In queste condizioni sono costrette a vivere per la maggior parte del loro tempo, dato che sfornano una cucciolata dietro l’altra.
…come muoiono nella realtà.
Per i suini il momento del macello è particolarmente penoso, perché il numero delle uccisioni è altissimo, anche 1000 animali in una mattinata. In queste situazioni lo stordimento (che avviene applicando alla testa dell’animale una forte scarica elettrica) molte volte non viene ben applicato, e quindi gli animali vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche di acqua bollente, ancora coscienti. Infatti, quando se ne esaminano i polmoni, molto spesso si vede che contengono sia sangue che acqua, il che dimostra che gli animali erano ancora vivi e hanno respirato acqua bollente quando sono stati gettati nelle vasche.
Masson nel suo libro racconta che le grida di un maiale che viene abbattuto hanno un’atroce somiglianza con le grida umane e che le persone che le hanno sentite sono rimaste impressionate. La moglie di un contadino che lo scrittore conosceva ne fu talmente colpita che rifiutò per sempre di partecipare alla macellazione e disse al marito che l’avrebbe lasciato se non avesse trovato il modo di fare il contadino senza uccidere animali. Oggi coltivano pesche.