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Dacia Maraini: la lupetta denutrita che ho salvato.

È riuscita a evitare le trappole e i cani, arrivando in un centro abitato. Ora sarà riportata nel bosco

L’incontro tra la scrittrice e la cucciola barcollante che si era persa

di  DACIA MARAINI

Cappuccetto rosso entrò nel bosco, si perse e fu mangiata dal lupo. Oggi invece sono i lupi che si perdono nei più pericolosi dei boschi che sono le zone abitate dagli uomini e vengono mangiati. Questo pensavo mentre vedevo procedere davanti a me uno strano animale che all’inizio avevo preso per un cane, poi ho capito che era un lupo, dal colore del pelo, dalla forma del muso e dalle grosse zampe munite di artigli. Aveva l’aria di essersi perso. Barcollava. Come aiutarlo?

Più mi avvicinavo e più si allontanava. Senza correre però, che non ne aveva la forza, trotterellando sbilenco. Con me c’erano degli ospiti: due amici di Lugano e una siciliana. In silenzio abbiamo cercato di non perderla di vista mentre ho pensato che la sola cosa da fare fosse chiamare le guardie del Parco nazionale d’Abruzzo. Ho parlato col direttore, Vittorio Ducoli, che mi ha mandato due guardie e loro sono riuscite a prendere la bestiola e portarla dal veterinario. La diagnosi immediata: si tratta di una lupetta di pochi mesi, che soffre di grave disidratazione e denutrizione, ai limiti della sopravvivenza. Ma come è potuto succedere che una piccola lupa sia arrivata fino alle case alte di Pescasseroli, senza incontrare i cani di cui è piena la collina dietro casa, senza cadere in qualche trappola, sola e disperata, vacillante sulle zampette magre? «La madre potrebbe averla abbandonata perché ne ha partoriti troppi, oppure potrebbe essersi impaurita e avere cominciato a vagare senza sapere come nutrirsi».

Ora la cucciola sta in buone mani e si spera di poterla riportare nei boschi fra i suoi fratelli. Io mi sono limitata a segnalare la presenza di un animale disperso e solo. Eppure la notizia si è sparsa in un baleno e la sera stessa ho ricevuto decine di telefonate di giornalisti incuriositi: ma davvero ha salvato un lupo? E cosa ha provato? E com’è successo? Ecc.

Non mi aspettavo tutto questo interesse e mi sono chiesta cosa ci sia nei lupi che incuriosisce tanto gli esseri umani. Ne abbiamo ancora paura come quando questi territori coperti da foreste ne erano pieni e costituivano un pericolo per i viandanti? Abbiamo introiettato lo spavento che accompagnava i racconti dei montanari? Certo il linguaggio fa la spia ai nostri più ancestrali timori. Si chiamano lupi gli stupratori, gli assassini notturni, si chiama lupus una malattia incurabile, si chiama lupa la donna che ammalia gli uomini e li distrae dai doveri familiari (La lupa di Verga). Lupanare veniva chiamato il bordello. Nel francese antico una donna che perdeva la verginità si diceva «Elle a vu le loup», ha visto il lupo. Eppure è proprio una lupa che nutre Romolo e Remo. E spesso l’arrivo della lupa coi cuccioli era visto in agricoltura come un segno di buon raccolto.

«I lupi sono animali elusivi e misteriosi», scrive Berry Lopez in un bellissimo libro chiamato per l’appunto «Lupi, dalla parte del miglior nemico dell’uomo». Sebbene molti abbiano studiato i loro comportamenti, rimangono delle zone di mistero. I lupi sono viaggiatori. Amano macinare chilometri. Sono strateghi abilissimi. Di solito si nascondono così bene che nessuno riesce a vederli. Sono cacciatori inesorabili. Spiano a lungo la preda e la seguono con occhio spietato. Eppure sono solidali fra di loro fino all’eroismo. Sanno giocare allegramente, sono generosi e attivi, curano i cuccioli e li educano.

Il termine greco per lupo è lukus, molto simile alla parola luce, ossia leukos. Strana contraddizione. Lo stesso Lucifero porta nel suo nome (lucem ferre) la luce. La Chiesa medioevale riteneva che il lupo fosse compagno di Satana. Condannava al rogo gli uomini che cantavano alla luna, i lupi mannari. Le ombre hanno prevalso, nella storia, sulla luce. Il lupo è un cacciatore notturno, il simbolo del passaggio dall’oscurità dell’intelligenza al chiarore della civiltà. Le ore del lupo portavano stregoneria, fame, carneficina. Con queste idee in testa, è chiaro che la caccia al lupo è stata considerata una caccia santa e le stragi un grande merito.

In molte città vicine alle foreste si premiavano i cacciatori che portavano più code di lupo da appendere alle pareti come prove della vittoria del bene sul male. C’è voluto San Francesco per umanizzare il lupo, dargli una dignità, uno spirito, una ragione. Il santo, dice la leggenda, cercò il lupo, gli parlò e finì per concludere un patto con lui: avrebbe potuto girare liberamente per Gubbio se si impegnava a non azzannare né persone né animali all’interno delle mura della città. C’è voluta la scienza, la cognizione capillare della vita animale, lo studio dei loro linguaggi e c’è voluto soprattutto la minaccia della estinzione per arrivare alla comprensione del lupo e alla sua preservazione. Per questo credo che alla vista della piccola lupa, non ho provato la voglia di cacciarla, ma di accoglierla e curarla. Gli uomini, che spesso sono accecati dalla presunzione di essere i padroni dell’universo, hanno bisogno degli animali, più forse di quanto gli animali abbiano bisogno degli uomini.

Dacia Maraini
17 settembre 2010

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