La ricerca biomedica “di base” è quella non finalizzata alla produzione e messa in commercio di un farmaco, un cosmetico o una sostanza chimica in generale, ma è “tutto il resto”, cioè quella ricerca che studia le cause e gli effetti delle malattie, piuttosto che il funzionamento di certi processi bio-chimici, piuttosto che gli effetti del cibo sulla salute, ecc.
Quel che si è notato in questi ultimi anni, stando alle ultime statistiche del Ministero della Salute in merito al numero di animali usati come cavie di laboratorio, è che vi è stato un incremento, decisamente elevato, del 40%, nell’uso di animali nella ricerca di base. Pessima notizia, ovviamente.
Questo aumento nell’uso di animali nella ricerca di base è stato pagato coi nostri soldi. È stato svolto nelle università – sovvenzionate con denaro pubblico, delle nostre tasse – e presso i laboratori delle associazioni per la ricerca medica che chiedono ogni anno l’aiuto di tutti i cittadini “di buon cuore” con le loro maratone televisive e altri eventi di raccolta fondi. Parte di questi soldi non vanno dunque ad aiutare i malati, con una vera ricerca medica, ma vengono spesi per fare “ricerca” su malattie fasulle create artificialmente su una specie diversa da quella umana.
Le associazioni per la ricerca medica
La maggior parte delle associazioni per la ricerca medica utilizza una parte rilevante dei fondi raccolti per finanziare la vivisezione. Non fatevi ingannare dal fatto che loro preferiscano chiamare la vivisezione “ricerca in vivo“: sempre vivisezione è, perchè la vivisezione è, per estensione “qualunque tipo di sperimentazione effettuata su animali di laboratorio che induca alterazioni a livello anatomico o funzionale, come l’esposizione a radiazioni, l’inoculazione di sostanze chimiche, di gas, ecc.” [Dizionario De Mauro, ed. Paravia]. E come ovviamente l’induzione forzata di malattie, o addirittura la selezione genetica di animali malati o con maggior probabilita’ di sviluppare certe malattie.
Per fortuna, un’altra parte dei fondi è invece dedicata alla vera ricerca medica, cioè studi clinici, epidemiologici, studi in vitro, sviluppo di nuove tecnologie per la diagnosi precoce, ecc. Se non fosse per questo, non vi sarebbe progresso medico.
Quel che occorre fare è convincere queste associazioni ad investire il 100% di quanto raccolto nella vera ricerca medica, ed eliminare TUTTI i finanziamenti a studi di vivisezione! Così ne trarrebbero vantaggio tutti: i malati, la scienza, gli animali.
Verso il futuro: il progetto “Banche di tessuti umani”
Per andare verso una ricerca di base realmente utile per i malati, un aspetto importante è quello dell’uso di tessuti umani: è attualmente possibile usare tessuti umani per studiare malattie, conoscere le modalità di funzionamento del corpo umano, sviluppare e testare nuovi farmaci. Molte ricerche biomediche sono effettuate utilizzando tessuti ma, in modo apparentemente illogico, sono utilizzati principalmente cellule, tessuti e organi di origine animale.
I-CARE, il Centro Internazionale per le Alternative nella Ricerca e nella Didattica, ha lanciato il progetto “Banche di tessuti umani”, che ha come scopo il potenziamento della ricerca biomedica in Italia tramite la creazione e/o il supporto a una o più Banche di Tessuti Umani cioè una struttura in grado di reperire, trattare, conservare e diffondere cellule, tessuti e organi umani.
In Italia non esistono dati ufficiali sul numero di animali utilizzati per il prelievo dei tessuti ma, effettuando un confronto con la Svizzera (100 mila animali l’anno con un totale di animali usati a scopi sperimentali che è la metà rispetto all’Italia) e con il regno Unito (400 mila animali l’anno con un totale doppio di quello italiano), è ragionevole ipotizzare che siano circa 200 mila gli animali uccisi annualmente esclusivamente a questo scopo.
Questo progetto sulla creazione di una rete di Banche di Tessuti è una proposta, un incitamento, un cammino. Un cammino che vuole andare in una direzione innovativa, verso una ricerca biomedica sempre più avanzata, sempre più umana, sempre più antivivisezionista.