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La nutria (o “castorino”): è un pericolo?

La Nutria non porta malattie.
Analisi effettuate presso gli Istituti Zooprofilattici su carcasse di Nutria hanno evidenziato una bassissima frequenza di positività a forme di Leptospira, tutt’al più paragonabile a quella normalmente riscontrabile in altri animali selvatici presenti nei medesimi territori. La presenza di anticorpi per Leptospira è un referto frequente negli animali selvatici sani e non è sinonimo di leptospirosi né di rischio di trasmissione della malattia.
Non esistono casi documentati di malattie che siano state trasmesse dalla nutria all’uomo o agli animali domestici. La nutria non rappresenta pertanto alcun pericolo dal punto di vista igienico-sanitario, né ha un particolare ruolo nella trasmissione e diffusione di malattie (Wildlife Disease Association, 1998; Scaravelli & Martignoni, 2000; IZP Brescia, 2000; Cocchi & Riga 2001).

La Nutria è un’emergenza ecologica?
L’impatto che la Nutria può esercitare sulle comunità vegetali ed animali dei Paesi d’introduzione è ancora poco studiato e pertanto sarebbe azzardato trarre conclusioni definitive. Ciò nonostante, diversi studi hanno evidenziato interazioni conflittuali con vari elementi delle biocenosi locali (canneti, vegetazione galleggiante), anche se nessuna di queste sembra aver avuto effetti irreversibili e/o particolarmente gravi.

Quali sono i reali danni economici provocati dalla Nutria?
La Nutria è stata spesso accusata di provocare gravi danni all’agricoltura, ma in realtà è provato che questi sono marginali, perché la specie non pascola mai lontano dall’acqua e non si addentra quindi mai per molti metri nei coltivi. Le tane scavate negli argini possono creare dissesti solo qualora sia stata rimossa la vegetazione arborea e arbustiva ripariale. Infatti, le radici di alberi e cespugli che crescono sulle rive di canali e corpi acquatici disturbano lo scavo del roditore, che predilige le sponde spoglie. La dissennata consuetudine di tagliare a raso le siepi e la vegetazione naturale in genere ha favorito, in realtà, la diffusione della Nutria.

Inutilità degli abbattimenti
Allo stato attuale delle conoscenze i tentativi di eradicazione di popolazioni di Nutria nei paesi ove la specie è stata introdotta si sono rivelati infruttuosi (Cocchi e Riga 2001). Si ricorre spesso ad azioni locali di controllo numerico tramite abbattimento. In Italia si è tentato più volte di arginare la diffusione della specie tramite interventi di abbattimento con scarsi risultati (Velatta e Ragni 1991, Velatta 1994, Veronese 1997, Tocchetto 1997). Lo stesso I.S.P.R.A. (ex-I.N.F.S.) ha dichiarato l’impossibilità di eradicare la Nutria (che tra l’altro, per la Legge 157/92 è considerata parte della fauna naturalizzata e non cacciabile) dal territorio nazionale. Tali interventi di rimozione parziale rischiano piuttosto di destrutturare le popolazioni inducendo sostanziali alterazioni a livello demografico (a favore di classi d’età più giovani e femmine) e creando le condizioni per un successivo incremento della capacità di crescita delle popolazioni per reclutamento ed immigrazione dalle zone vicine. Tali pratiche arrecano inoltre notevole disturbo alla fauna locale, soprattutto qualora si agisca nell’ambito di aree protette o parchi. In questo senso tali azioni appaiono tutt’altro che risolutive rischiando, in una prospettiva di medio termine, di creare più problemi di quanti ne risolvano e di fungere da volano biologico all’incremento del tasso di crescita delle popolazioni (Cocchi e Riga 2001). Il disturbo antropico causato dai piani di abbattimento potrebbe inoltre aumentare il rischio di diffusione di patologie all’interno delle popolazioni animali, comprese quelle di Coypu (Choisy, M. e Rohani, P., 2006).

Sistemi di controllo numerico della Nutria
Esistono progetti di controllo di colonie urbane e suburbane di nutria, basati sull’ipotesi che individui riproduttori sterilizzati continuino a difendere il territorio per il cibo e gli spazi in competizione con gli individui fertili, impediscano fenomeni di immigrazione e riducano il tasso riproduttivo della colonia. Questa sperimentazione si ripromette inoltre di trovare un’alternativa all’abbattimento con armi da fuoco o alla soppressione eutanasica, metodi di contenimento della specie a forte impatto ambientale (disturbo alla fauna) e impopolari presso il pubblico più sensibile.

Sistemi di prevenzione dei danni
Protezione meccanica degli argini, piantumazione (ingegneria naturalistica)
Recentemente sono stati messi a punto sistemi di protezione degli argini dall’attività di scavo delle nutrie che, pur essendo attualmente ancora in una fase sperimentale, hanno tutte le caratteristiche per rivelarsi un mezzo efficace e duraturo. Si tratta di reti composite che vengono stese al suolo e coprono sia la parete immersa dell’argine che la sua parte sommitale. La posa in opera su argini già esistenti deve essere preceduta da operazioni di rettifica del loro profilo. La rete è composta da una trama di filo metallico sottoposto a trattamento anticorrosivo (diametro del filo di 2-3 mm, maglia romboidale di 6 x 8 o 8 x 10 cm) sulla quale viene estrusa una trama di materiale plastico biodegradabile. Quest’ultima ha la funzione di trattenere il terreno e permettere un rapido insediamento della vegetazione erbacea spontanea o eventualmente seminata con il metodo dell’idrosemina. In pratica, dopo poche settimane, la rete viene completamente inglobata nella parte più profonda del cotico erboso, il che permette di attuare senza problemi le normali operazioni di sfalcio che caratterizzano l’ordinaria manutenzione di questi manufatti. Poiché la durata della rete metallica nelle condizioni sopra descritte è stimata di diverse decine d’anni, i costi di questo intervento, di per sé rilevanti, possono essere ampiamente ammortizzati, tenendo conto che gli argini così protetti non necessitano delle frequenti operazioni di manutenzione straordinaria (Riga e Cocchi, 2001).

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