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Riso basmati alla zucca con zenzero.

Il riso basmati è famoso per il suo gusto delicato e la sua forma allungata e sottile. È tipico dell’India e del Pakistan. È ottimo per la preparazione di piatti esotici, ed ha un’aroma intenso. Quindi se volete organizzare una cena creativa con i vostri amici, questa ricetta sicuramente sarà apprezzata con gusto dai buoni palati.

 

Difficoltà:° °

Ingredienti (per 4 persone):

  • 300 g di riso basmati
  • 3 fette piccole di zucca
  • Una radice di zenzero
  • Rughetta
  • Prezzemolo
  • Aglio
  • Paprika
  • Succo di limone
  • Vino, olio, sale
  • Pinoli o mandorle
  • Buccia di arancia grattugiata

PREPARAZIONE:

Cuociamo il riso basmati con la tecnica orientale, ossia per ogni bicchiere di riso, aggiungiamo un bicchiere di acqua. Copriamo ermeticamente con un coperchio la pentola e lasciamola a fiamma alta fino a quando non bolle, dopodiché abbassiamo il fuoco e lasciamo cucinare per quindici minuti, finchè l’acqua non si asciughi completamente. Aggiungiamo un po’ di sale.

Nel frattempo grattugiamo sia la zucca che la radice di zenzero.

Prepariamo il soffritto con l’aglio schiacciato in camicia, mettendo in una padella con un cucchiaio di olio le varie spezie e le fettine di zenzero, mescoliamo versando un mezzo bicchierino di vino bianco e aggiungiamo la zucca e la buccia di arancia grattugiata e lasciamo sul fuoco per venti minuti.

Cuciniamo poi, la salsetta con la rughetta, il prezzemolo, il succo di limone, i pinoli o le mandorle e l’aglio che ci servirà in seguito.

Mescoliamo il riso basmati con il preparato alla zucca e adagiamolo su un piatto, creando un vuoto centrale nel riso e versiamoci dentro la salsetta di rughetta.

Gallery fotografica del piatto:

Se volete potete sostituire lo zenzero con un bel cedro, e a questo punto vi cito un simpatico apologo tratto da Raccolta di apologhi scritti nel secolo XVIII di Giovanni Battista Roberti, che ci racconta le vicende di un’ardita zucca.

 

Il Cedro e la Zucca

Superbo un cedro illustre
Per sè volea ogn’industre
Vezzo, cura e pensiere
Del cauto giardiniere.
Era sì dilicato,
Che se un soffio gelato
Mordeagli foglia o fiore,
Pativa l ‘ infreddore.

A ogni arbor sapea male
Lezziosaggin tale,
E mormoravan tutte
Le piante belle e brutte:
Anzi una zucca ardita
Fu a così dire udita:
Al cedro io non m’ agguaglio
Chè tanto, il so, non vaglio
Pur, s’esso il pomo indora,
Il mio ingiallisco ancora,
Il mio che con sua pace
E più grosso e capace;
Come con più rigoglio
Di lui meglio m’infoglio,
E a lui alta vo innante
Col piede serpeggiante.
Se per gentile uffizio
Un arbor mi dà ospizio,
Certo non pigra cresco,
Ma vivida fuor n’esco;
Nè d’ esser vecchia attendo ,

Ma il frutto pronta rendo.
Basta: lodata e cara
Sarei, se fossi rara. —.

Della zucca il parlare
Un vento ardì recare
Al cedro sì pomposo,
Che tacquesi pensoso. —

Talora il grande trova
Inosservata e nova
Cagion di starsi umile
In chi più sembra vile.


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