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La sperimentazione è giusta? DL4 e i cani perduti.

Da: equoecoevegan.blogspot.it

DL4 non è un cane come gli altri, quando ricordo da dove viene, devo calmarmi per non cedere alla tentazione di fare qualcosa di brutto.

Una pistola puntata in mezzo agli occhi e una manica di legnate da non scordarle più per tutta la vita.
Altro che incontri spiegazioni, negoziazioni, tavole rotonde.
Il suo non è un nome buffo, uscito, che so, da Guerre Stellari, come C1P8.
Al contrario, DL4 si chiama così perché nessuno si dimentichi mai, guardandolo, che cosa gli hanno fatto, da dove viene e perché è venuto al mondo.
Si chiama DL4 per ricordare il DL50, si chiama DL4 perché è il quarto che abbiamo tirato fuori, si chiama DL4 e non Fido, Bobi, Nicky o Chicco, per ricordare quanti prima e dopo di lui hanno subìto il DL50.
Il DL50.

Solo a nominarlo vengono i brividi.
Il test di tossicità più diffuso al mondo, il più comune e il più utilizzato. non una semplice prova su animali ma piuttosto LA PROVA SU ANIMALI per eccellenza per misurare il grado di tossicità di una sostanza.
E, nel corso del DL50, ogni anno, muoiono come mosche, milioni di cani, gatti, conigli, ratti, cavie. Uno dopo l’altro.
Inesorabilmente.
Alcuni insieme, come di colpo, e, allora, sembra quasi meno terribile perché le convulsioni paiono meno strazianti.
E, almeno, si muore più in fretta.
Tanto, veloce o lenta che sia, alla morte non c’è scampo, e neanche al DL50, perché il DL50 non si interrompe fino a che, su ogni gruppo, su ogni campione di animali, non muoiono la metà dei soggetti.
Per asfissia, soffocamento, arresto cardiaco, paralisi progressive.
E, su 100, restano a terra 50 cani, su 400, 200 e così via.
Numeri, calcoli, frazioni. rifiuti da smaltire.

Io, invece, ricordo solo un’alta cancellata e un bianco muro di cinta.
Fuori: alberi in fila a correre diritti lungo il perimetro.
Tutto quieto e pulito, anche l’aria.
Dentro, aldilà del cancello, semplicemente, l’inferno.
Dietro le finestre dei capannoni un numero inimmaginabile di animali.
Cani a migliaia.
Conigli, ratti, cavie, topi.
Maiali di varie dimensioni, ognuno con il suo peso e il suo prezzo.
Quando siamo usciti, nessuno ha parlato per un po’ Il silenzio era sordo come un tonfo.
Pesante più di una cassa di ferro pesante.
Tornavamo da un incubo sulla terra.

(…) Poco dopo la sua liberazione, DL4 è scappato.
L’abbiamo ritrovato a Bollate, in un tombino.
Immobilizzato ad una zampa non poteva uscire e si nascondeva da giorni dietro le grate di una specie di cunicolo aperto in una roggia.
DL4, stremato, si è lasciato infine prendere dalle uniche mani di cui non aveva paura e che già lo avevano preso una volta.
Le mie.

A commuovere molti, la sua storia.
Non di cane qualunque, eppure simile a quella di tanti cani perduti per le strade del mondo.
Negli occhi di DL4, le strette pareti di un laboratorio farmaceutico e il freddo colore verde dei camici degli sperimentatori.
Sulla pelle, la pelle d’oca di chi è sopravvissuto a cose indicibili, oltre I bastioni di Orione, Ed è tornato indietro.
Perché, fino al maggio del 1999, DL4 era una cavia da laboratorio.
Mentre, oggi, a volte, DL4 si mostra, con timidezza, e, mostrandosi, fa vedere a tutti, al mondo, e al nostro fragile, illuminato movimento antivivisezionista, come sono in fin dei conti, da vicino vicino, questi animali da laboratorio.

A cosa possa essere ridotta una creatura vivente per diventare un buon animale da laboratorio. Un buon modello per l’uomo.
Inconsistente come un’ombra, fragile come un fantasma.
Perché quando abbiamo preso DL4 oltre il muro di cinta, non aveva nulla del cane, se non l’apparenza.
Assolutamente inerme e assente.
Privo di vita.
L’unico stimolo era dato dal cibo, poi risopraggiungeva il torpore.
Come se l’anima fosse chiusa da qualche parte lontana, in un tempo diverso, sospesa o imprigionata nell’eterno e nell’infinito della morte o dell’assenza, o si fosse rifugiata in fondo agli abissi dell’essere sconfinato di quella creatura silente che sembrava a un passo appena dalla morte, un oggetto tremante, e la vita fosse sul punto di abbandonarlo per sempre in ogni momento.

Così è DL4.
Un cane del tutto alla mercé di chi ce l’ha tra le mani.
Che non abbaia, non guaisce, non si muove.
Come una pietra.
Vissuto in asettiche gabbie di metallo con aria artificiale.
Senza conoscere il vento, il sole, l’erba, il sapore dei prati e l’esistenza di umani di cui fidarsi e da cui essere amati.
E, allora, spesso penso che qualcuno ha ridotto così il mio cane e mille altri come lui.
Conosco il suo nome e so dove trovarlo.
Poi penso, in fin dei conti, che quell’uomo è morto il giorno in cui l’ha toccato.
Solo per averlo ridotto così.
Meno di una pietra.
Rubandogli l’anima, l’ha persa lui stesso, nel medesimo istante.
E, se penso a una pistola puntata in mezzo alla fronte e a una manica di legnate da non scordarsele più per tutta la vita, mi dico che forse non ne vale la pena.

Anche se, ancora oggi, per terrore, DL4 si nasconde e scappa.
Praticamente da tutto.
Soprattutto da qualsiasi cosa gli ricordi un uomo.
Anche se, ancora, sorrido, quando di DL4 dicono che non ha avuto danni permanenti.
Perché lui del laboratorio ricorda tutto, soprattutto gli odori.
Provate a portare DL4 da un veterinario e capirete cosa intendo.

Che nessuno delle varie specie di macellai di cui è popolato il mondo provi a toccare ancora uno dei “nostri” cani, come è successo a DL4, e a tutti iDL della terra, a Missile, o a mille altri senza nome o identità.
Niente più riunioni per questo.
Niente pace o accondiscendenza verso chi è responsabile.
Basta, Siamo stanchi.
Arrabbiati.
Delusi.
Non abbiamo più voglia o tempo da perdere.
Niente diplomazia o pazienza.

Come segugi, stiamo dietro, passo a passo, sulle orme dei cani perduti di cui si perdono le tracce, ma, soprattutto, stiamo alle calcagna di quei bastardi del genere umano che fanno perdere per sempre i cani perduti, perduti per le strade del mondo, inghiottiti dal buio, dalla nebbia e spariti nel silenzio.

Brano tratto da “Cani scalzi” autrice Sara D’Angelo e presidentessa di Vita da cani
– riproduzione vietata.
Fonte http://www.vitadacani.org
Dedicato ai cani perduti, alla perenne ricerca di un’isola che non c’è.

Fonte: equoecoevegan.blogspot.it

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