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Toxoplasmosi.

L’agente eziologico della toxoplasmosi è il Toxoplasma gondii, un protozoo capace di riprodursi in modo sessuato ed asessuato e di originare strutture cistiche di resistenza nelle 2 forme di oociste e di ciste.
Capace di infettare numerosi ospiti, il Toxoplasma svolge il ciclo asessuato nell’uomo ed in molte specie animali (cani, lepri, piccoli roditori, diversi uccelli) e quello sessuato esclusivamente nel gatto che rappresenta l’unica specie in grado si infettare l’uomo attraverso l’eliminazione delle oocisti.

Quadro clinico
Nei gatti l’infestazione può essere inapparente, in particolare quando la riproduzione sessuale avviene nell’intestino e vengono evacuate le oocisti; raramente può causare lievi segni, compresa la diarrea.
L’infestazione durante la gravidanza o attraverso il latte materno può dare origine a cuccioli infestati, che presentano crescita stentata o sviluppano segni clinici entro il primo mese di vita; è possibile che questi cuccioli muoiano una volta che hanno iniziato a manifestare evidenti segni clinici (tipicamente letargia, anoressia ed insistenti miagolii).
I soggetti con infezione generalizzata presentano febbre, segni respiratori, , letragia, anoressia, ittero, dolorabilità addominale, segni a carico del SNC, coinvolgimento oculare.
Nel cane, occasionalmente, possono essere osservati febbre, vomito, diarrea, anemia, polmonite, segni neuromuscolari.
L’infestazione è ampiamente diffusa e la malattia può essere osservata in qualsiasi gatto, di qualsiasi età o sesso; i segni clinici sono di probabile osservazione nei cuccioli e negli adulti di gatto, occasionalmente nei cani.
La malattia clinica può essere osservata in concomitanza di malattie immunosoppressive come la FeLV.

Malattia nei gatti
Il gatto si infetta mangiando uccelli o roditori parassitati dalle cisti o a partire dalle oocisti che contaminano il terreno ed i vegetali.
Nell’intestino del gatto le cisti o le oocisti liberano forme in grado di moltiplicarsi e di differenziarsi e di originare gameti maschili (microgameti) e gameti femminili (macrogameti); con la fusione di un microgamete ed un macrogamete si origina un’oociste che, emessa con le feci, può continuare il proprio sviluppo nell’ambiente esterno.
Quando le oocisti sono ingeriti da una specie ospite, con la degradazione dell’involucro delle stesse, si dà inizio ad un nuovo ciclo proliferativo.
Anche se la maggior parte delle infestazioni sono inapparenti, occasionalmente si possono osservare gravi segni clinici e persino la morte.

Zoonosi
La toxoplasmosi è un’importante zoonosi; gran parte della popolazione umana può essere sieropositiva, ma solo una piccola percentuale mostrerà i segni clinici.
L’uomo può contrarre la malattia in 3 modi:

  • ingerendo le oocisti, eliminate dalle feci di gatto, che contaminano il terreno e gli alimenti vegetali
  • mangiando carne cruda o poco cotta contenente le cisti del parassita
  • per via transplacentare e, più raramente, per mezzo di trasfusioni e punture con materiale infetto.

 L’infestazione nell’uomo può essere evitata in diversi modi:

  • indossando guanti durante i lavori di giardinaggio e lavandosi bene le mani dopo
  • indossare guanti quando si pulisce la cassetta del gatto e farlo quotidianamente
  • lavare bene frutta e verdura prima di mangiarle
  • evitare di mangiare carne cruda o poco cotta, latte e formaggi non pastorizzati

Diagnosi nel gatto
Può essere:

  •  sierologica: si effettua su campioni di sangue; i risultati possono essere negativi nelle fasi precoci della malattia, sebbene i titoli di IgM aumentino rapidamente e quelli di IgG inizino a rialzarsi.
    Poche settimane dopo l’avvenuta infestazione i titoli di IgM diminuiscono lasciando titoli elevati di IgG come indicatore dell’infestazione.
    La diagnosi può basarsi su un titolo di IgM in aumento, un titolo di IgM di 1:64 o più, o su un titolo elevato di IgG.
    Per confermare la diagnosi, la positività sierologica deve essere abbinata a segni clinici e, possibilmente, ad una risposta al trattamento
  • bioptica: nei tessuti possono essere rilevate cisti, mentre nelle sezioni di mucosa dell’intestino possono essere rinvenuti stadi sessuali
  • esame coprologico: si possono cercare le oocisti per mezzo di flottazione ; viste le dimensioni, però, queste possono essere confusa con quelle di altri parassiti come Hammondia spp.
    Inoltre le oocisti sono liberate solo per un  breve periodo dopo l’infestazione iniziale

Toxoplasmosi nella donna in gravidanza e nel feto
La possibilità di infezione materno-fetale aumenta dal 20% al 54% e al 64% nel 1°, 2°, 3° trimestre rispettivamente per il diverso spessore della placenta nelle diverse fasi della gravidanza.
I danni riportati dal feto sono direttamente proporzionali al momento gestazionale durante il quale avviene l’infezione: più è precoce l’infezione, maggiore saranno i danni subìti (i casi clinicamente sintomatici di toxoplasmosi riguardano feti infettati entro la 26° settimana).

Quadro clinico
Nella donna l’infezione decorre in modo asintomatico nella maggior parte dei casi; se manifesta sintomi, questi sono limitati a linfioadenopatia, astenia, e cefalea.
L’esito per il neonato comprende tutte le possibilità: dalla normalità alla morte intrauterina.
La manifestazione classica è costituita da corioretinite, idriocefalo e calcificazione intracranica, ma tale situazione si osserva solo nel 10-30% dei soggetti, mentre oltre il 75% nei neonati è asintomatico alla nascita e manifesta i sintomi tardivamente.
L’infezione fetale può manifestarsi anche con ritardo nell’accrescimento endouterino o con nascita di soggetti prematuri.
L’infezione congenita è caratterizzata maggiormente da sintomatologia neurologica che comprende nistagmo, convulsioni e microcefalia.

Diagnosi
L’infezione congenita può essere diagnosticata per mezzo di:

  • test diagnostici diretti: coltura cellulare, amplificazione del genoma (PCR, Polymerase Chain Reaction, un metodo di amplificazione genica effettuato su liquido amniotico o su sangue fetale)
  • test diagnostici indiretti: IFA (immunofluorescenza indiretta), ELISA (IgA, M, G), ISAGA (immunoassorbimento per IgM), Western-blot, test di avidità per le IgG

In gravidanza è bene effettuare un test di screening pre-gravidico; in caso di sospetta infezione  sarebbe opportuno un esame sierologico materno da ripetere poi a distanza di 3 settimane l’uno dall’altro.
Gli esami da effettuare sul feto per valutare segni di infezione sono ecografia ogni 15-30 gg dal contagio; per evitare falsi negativi andrebbe fatta un’amniocentesi con ricerca del DNA mediante PCR.
Alla nascita, per valutare un’infezione congenita, il neonato dovrà essere sottoposto a controlli sierologici con titolazione delle IgM e delle IgA che dovranno essere ripetuti anche in età più avanzata perchè, alla nascita, la ricerca degli anticorpi citati può essere negativa e la risposta anticorpale può essere ritardata nei bambini trattati; l’infezione è certa, ovviamente, anche in caso di positività all’amplificazione genica.
Alla nascita il neonato va sottoposto a esame clinico, neurologico, oculistico e ad ecografia celebrale.
Se l’infezione è certa, è opportuno eseguire anche esami strumentali quali, TAC o RM dell’encefalo, potenziali evocati uditivi, EEG.

Terapia
In caso di sospetta infezione deve essere intrapresa la terapia antibiotica con spiramicina fino all’esclusione dell’infezione o fino al parto se l’infezione è confermata poichè è stato dimostrato che la terapia materna riduce fino al 60% la possibilità di trasmissione fetale.
Per il trattamento neonatale sono proposti diversi schemi terapeutici, nessuno dei quali si è dimostrato, però, migliore rispetto agli altri.


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